23/12/2009
IL VERGOGNOSO SILENZIO DEI MEDIA
DAVANTI ALLA SOFFERENZA DEL NON UMANO
INTERVISTA A MARILDA BONANNI
GIORNALISTA “ANIMALISTA”
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•Il disprezzo mediatico per il non umano
• “Sei una maledetta animalista!”
• I cagnolini con il cappelletto da clown
• La ricerca sulla tratta costa troppo
• “Cari Scalfari, Augias e Mancuso, l’imperativo categorico è limitato a una sola specie?”
• Sapete quanti siamo noi che rispettiamo il non umano?
• I Jihadisti torturano i cuccioli di Omar, il figlio di Bin Laden.
• I nemici del non umano
RICCI: Marilda, lei è di Napoli, vero?
BONANNI: Si…
RICCI: Il suo nome vero nome è Marilda Bonanni o è un altro? Se è un altro è perché lei teme di avere problemi?
BONANNI: Un animalista a Napoli combatte con problemi che non sono bazzecole, punto primo. Se altrove è solo l’ignoranza a far paura, qui al sud la camorra e la mafia sono un ulteriore ostacolo. Una volta ho usato un nome falso anche per spedire una lettera a un noto giornale nazionale che aveva pubblicato una foto in prima pagina di cani in combattimento per illustrare la notizia di un bambino “sbranato” (anche su questo verbo dovremmo a lungo discutere) da un cane. Devo però dire che la pubblicarono, facendo ammenda. Punto secondo, parlerò anche di colleghi. Che potrebbero riconoscersi. Lei non sa quanto i giornalisti possono essere vendicativi…
RICCI: Mi ha colpito ultimamente: il clamore sulla cagna di Edmondo Berselli. Hanno scritto su Liù, Gad Lerner e Michele Serra. Il solito aggregato mediatico- autoreferenziale. Parlano sempre tra loro. Vivono in un pianeta che non è il nostro. È la media-crazia. Se lo ricordino Stella e Izzo. A Berselli gli si inumidiscono gli occhi quando vede dei cuccioli; e dice testualmente: “Come sempre quando vedo i neonati, a me viene da piangere” ma se noi gli mandiamo questa foto
http://www.lasaggezzadichirone.org/site/wp-content/uploads/2009/10/cucciolo.jpg
E gli diciamo questo neonato langue nell’orrore, lo aiuti; Berselli lo ignora.
E questo è “canilismo degenere”: “esalta il tuo cane e fregatene di tutti gli altri”. Lei che ne pensa?
BONANNI: Non la prenda come una generalizzazione, ma ci sono tante cose nelle quali i media si comportano come “degeneri”, ossia tralignano dalle loro vocazioni e preferiscono – per un malinteso senso di “ciò-che-piace-ai-lettori” (di cui non hanno più contezza reale ormai da qualche decennio) – procedere per stereotipi. Quello relativo agli animali, per mia esperienza pluriennale, ricalca perlopiù l’idea di animali che ha la gente in generale. Ossia: si compra un cucciolo a Natale, possibilmente un Balto o un “Carica dei 101?, a seconda della moda. Poi, quando ci si rende conto che un cucciolo non è di pelouche ma che va educato, seguito e che non può stare buttato in un giardino da solo (e badi bene che questa è la migliore delle ipotesi), bisogna disfarsene in qualche modo. Ora tra i Vip vanno di moda le pensioni, che per un cane che è stato in casa o a stretto contatto con un padrone, sono letali. Il “cane del giornalista” è una specie di cane di pelouche: in fondo con i nostri ritmi di lavoro, quando ci vede? Mai….
RICCI: Il suo lo vede?
BONANNI: Non molto…il mio cane, che porto i giorni dispari a una scuola di comportamento con metodi rigorosamente non coercitivi (usa il metodo di Roberto Marchesini, fondatore della zooantropologia), gioca con me un paio di ore al giorno: sono piena di sensi di colpa. Ma questo è possibile perché io sono ormai praticamente una freelance, fuori dal circuito produttivo. In genere, in caso di altri giornalisti, sono le mogli, i mariti o i figli a spupazzarsi l’animale, come qualsiasi altra cosa nella loro e nelle circumvicine vite. Lui – il giornalista – nel quotidiano che non sia di carta, non esiste, ergo può “riflettere” meglio sul destino dell’umanità visto attraverso quello del suo (sic) cane.
RICCI: Quando ci siamo incontrati a Roma, Lei mi disse che è umiliante dover parlare di maltrattamenti solo tra le righe, tra un cucciolo regalato a Natale e un nuovo guinzaglio con strass. E mi disse che se aggiungeva qualcosa riguardo ai maltrattamenti scatenava i frizzi e i lazzi dei buontemponi, dei suoi “capiservizio”. Mi sembra di aver capito che difendere il “non umano” provoca sguaiataggini e battute cretine da parte dei colleghi; è così? Siamo così profondamente incivili anche a livello giornalistico?
BONANNI: Punto primo: i giornalisti trascorrono quasi l’intera giornata a fissare un video di computer.
Se va bene, spaziano tra le testate on web internazionali. Ma di solito si tengono ai gossip che riguardano la categoria oppure giocano a videopoker nei (lunghissimi, spesso) tempi morti. Come vuole che si occupino di qualcosa che non è la loro carriera? Le raccontai anche che una volta morì una cagnolina di quartiere, di malattia e vecchiaia insieme. Era diventata un simbolo: difendeva l’isola pedonale al centro della città inseguendo tutti coloro che a due o quattro ruote la violavano. L’aveva adottata il portiere di un palazzo storico, il cui proprietario (un personaggio illustre del Settecento) amava i cani e ne aveva popolato il quartiere. C’era più di un elemento diciamo così di colore, per fare un pezzo. Infatti il capo di turno accettò entusiasta. Riuscii a collocare persino la fotografia.
RICCI: E il suo scopo era…
BONANNI: Il mio scopo era altro, naturalmente, dal solito pietismo animalista. Volevo raccontare la storia di un cane che aveva una storia e aveva anche un po’ fatto la storia di un pezzetto di città negli ultimi anni. Risultato: un collega, tra l’altro proprietario di un cane (evidentemente un “cane-di-giornalista”, razza a parte) sparlò di me e di colui che mi aveva autorizzato a pubblicare con tutta la redazione e lo beccai a scrivere lunghe mail chissà a chi che raccontavano “di quali cazzate è capace quella pazza”.
RICCI: Non c’è da sorprendersi…
BONANNI: Un altro vicecaposervizio venne a minacciare che “se incontrava un cane gli avrebbe sparato”, e si andò avanti così per una settimana, tra me che facevo il buon pastore con le buone maniere e questi che mi facevano fare la figura dell’idiota. Questi stessi colleghi la sera parcheggiano al porto, dove spesso a Napoli vengono abbandonati cani, fanno branco e inseguono i malcapitati perché prendono calci da tutti. A scuola del mio cane ci hanno insegnato che non si corre perché si scatena l’istinto predatorio, comportandosi come una preda, ma che invece bisogna fermarsi e “fare l’albero” con le mani lungo il corpo, questo limiterà assolutamente i danni. E’ un po’ difficile, ma si deve imparare. Solo che io, che ho ascoltato per anni i loro discorsi “chiamate gli accalappiacani”, “quei randagi di merda” e “maledetti animalisti”, come potrei mettermi a predicare la buona novella oggi?
RICCI: Difficile, immagino…e il secondo punto?
BONANNI: Il secondo punto: ho sempre visto trattare l’argomento randagi da collaboratori, e solo quando venivano proposti servizi sull’agility o sulla nuova scoperta che riguardava il cervello o l’intelligenza di questo o di quell’animale, sui concorsi di bellezza ecc. si poteva pensare di dare più spazio e allora veniva incaricato anche un redattore. Le storie di randagi bruciati da bulli, di lotte tra cani, di casi estremi (e Dio sa se non abbiamo avuto storie del genere nel napoletano, storie di camorra e di sevizie dovute agli abitanti dei quartieri a rischio) sul giornale non hanno trovato mai posto. I sequestri di cardellini o di bufale invece sì, i primi per far piacere alle forze dell’ordine che li realizzavano, i secondi perché bufala uguale mozzarella, e su un giornale napoletano come sulla tavola partenopea la mozzarella non può mai mancare.
RICCI: Ci mancherebbe…anche la pommarola…
BONANNI: Io ho tenuto una rubrica per alcuni anni: il titolo era proprio brutto, e poi mi dicevano di parlare dell’ultima crocchetta per cani e dell’ultimo guinzaglio con strass, appunto. Insomma, più sul marchettistico che sull’utilità. Poi però, io che sono una che ama l’avventura, me la giocavo diversamente, rischiando, infilando all’ultimo momento informazioni utili sulla vita di cane e padrone, non le cavolate che mi venivano richieste. Trattandosi di animali, non mi avrebbero mai licenziato, tutt’al più benevolmente redarguito, “quella pazza di animalista…”.
RICCI: Insomma, appena si accenna all’orrore che gli animali subiscono i giornalisti “animalisti” -chiamiamoli così (io odio il termine) – lamentano irruzioni superiori tanto frustranti quanto demenziali, il mondo dei grandi giornali s’inalbera quando si accenna a qualcosa riguardo la sofferenza animale; da fastidio, non è cosa sentita, non è carina, infastidisce borghesia, classe operaia, lumenproletariato, precariato, papponi, escort e trans governativi …
BONANNI: Non mi considero giornalista animalista, le due cose sono pressoché inconciliabili. Una cosa e l’altra separatamente. Vivo una estrema contraddizione, ma questa è un’altra storia. Comunque la risposta che lei vuole è sul motivo della recalcitranza dei grandi giornali sulla sofferenza animale. Cerchiamola insieme, questa risposta. Io posso dirle che è di pochi giorni fa l’immagine di Stefano Cucchi, il detenuto morto inspiegabilmente, fotografato sul tavolo dell’obitorio. Una fotografia diffusa solo dal “Fatto” di Padellaro e Travaglio con uno scopo ben preciso, come hanno scritto didascalizzandola. La precedente immagine dello stesso tenore che ricordo è quella di Saddam Hussein impiccato, in primo piano. Immagini di animali seviziati, vivi o morti, mostrati ai capi provocano raccapriccio. Non le pubblicherebbero mai. Non ho esperienza di foto di questo tipo pubblicate a proposito di animali. Io sono diventata vegetariana alcuni anni fa, dopo aver visto un numero della rivista “Slow Food” sui macelli. Se posso fare un paragone, visto che poi ho disdetto l’abbonamento, forse i giornali temono di non piacere più ai loro già ridotti lettori.
RICCI: Di giornalisti che scrivono sugli animali ce ne sono; leggo Repubblica e le posso fare una lista.
Antonio Cianciullo, Elena Dusi, Massimo Gigli, Marino Niola, Pietro del Re, Riccardo Bocca ecc..ecc…
Scrivono sugli animali ma mai affrontano i drammatici problemi dell’orrore che riversiamo sul non umano. Parlano di tutto meno dell’orrore che soffrono gli animali. Perché?
BONANNI: Posso dire di aver letto una volta un pregevolissimo (non sta a me dirlo, lo dico da lettrice) pezzo di Pietro Citati che recensiva e prendeva a pretesto il libro di Margherita D’Amico “La pelle dell’orso” (titolo ora anche del suo blog, che però a differenza del libro, secondo me è un po’ troppo dispersivo). Era la prima volta che leggevo un pezzo “sentito” sull’argomento e scritto da una “firma” di “Repubblica” e della cultura generalmente intesa.
RICCI: Immagino sarà stato uno sforzo tremendo…
BONANNI: Non so perché, dopo di allora ho sentito come un gelo. Il silenzio è nuovamente calato sull’argomento. Sarà che “La pelle dell’orso” parla anche di maiali, bufale, agnelli, vitelli e altri animali normalmente sacrificati sulla nostra straripante tavola? Il cane squartato è tabù, ma anche dire che il maiale non va squartato è tabù: siamo pur sempre in Italia.
RICCI: Però Citati tace sui massacri nel Tempio di Gerusalemme. Un tempio che era un autentico mattatoio più di un luogo di preghiera. Ho letto molti libri di Citati ma mai ho capito in cosa crede…è gnostico? E’ cristiano? Cosa è?
BONANNI: Direi innanzitutto un letterato compiaciuto della propria bella pagina. Però, mi creda, provai empatia, quella volta, con quell’articolo.
RICCI: Lei mi disse che quello che le chiedono è di parlare più possibile di nuove pappe e nuovi guinzagli con strass e che anche in quel contesto lei infilava considerazioni su nuove leggi e su quel che accadeva.
Ma sempre al limite del consentito. Se sviava sui canili – lager apriti cielo! Il sommo direttore si inalberava (per non dire un’altra cosa) e urlava: limitiamoci ai cuccioli col cappelletto da clown in testa! Lapidario e tassativo il buon uomo ….è così?
BONANNI: In parte ho già risposto.
RICCI: Mi ha anche detto che vige una sorta di tabù sulla sofferenza del non umano. Non se ne parla. Le foto poi, sono ancora più tabù. E che se uno parla delle ragioni del comportamento aggressivo dei cani, ci deve mettere per bilanciare la foto cretina di un cagnolino con un cappello da Babbo Natale, altrimenti il servizio non passa….
BONANNI: Torniamo a sopra. La foto deve essere rassicurante. Ma questo è il criterio che vige anche per i pezzi sullo stupro. Ha mai visto quelle foto di donne accartocciate per terra, di cui si vede l’ombra, con le mani sul viso o con le braccia a coprire la testa che non significano assolutamente niente, ma illustrano, secondo i giornali, l’argomento, nascondendo ipocritamente quello che davvero significa la violenza carnale? Il problema è che il giornale è fatto da uomini, e lo stupro viene fatto su donne.
RICCI: Tempo fa lessi un reportage di Davide Carlucci (Repubblica 29.12.2007) sulla tratta dei cani dall’Est. Girano troppi messaggi da gente seria per non prenderli in considerazione. Perché tacciono sempre i media su questi orrori? Carlucci un servizio sulla tratta non può farlo?
BONANNI: Proprio in questi giorni circola in rete la richiesta di spedire foto sui canili-lager a Repubblica Internet, indirizzandoli ad Alessandra Vitali (a.vitali@repubblica.it). Credo sia da attribuire a due motivi questa inversione di tendenza: 1) la fame di fotografie per riempire le versioni Internet dei giornali; 2) sta diventando evidente che nella rete il problema del maltrattamento degli animali viene recepito da molte persone. Ma dalla carta stampata siamo ancora distanti. Anche perché fare un’inchiesta sulla tratta degli animali per vivisezione costa molto. Bisogna partire, star via tanti giorni. Inchieste se ne fanno poche, sui giornali, e solo di sicuro impatto. Siamo alle solite, gli animali valgono tutto questo?
RICCI: L’altro giorno ho letto un’affermazione di un consigliere verde della Regione Toscana, Fabio Roggiolani (che mi sembra aver conosciuto quando vivevo in Toscana). Fabio Roggiolani diceva (Repubblica 5.10.2009) che ha visto “un pesciolino in una vetrina che cercava disperatamente di nuotare dentro un flut, uno spettacolo indecoroso in un paese civile” A Misterbianco in Provincia di Catania in un negozio c’era un bradipo in una scatola di cartone, abbiamo scatenato un putiferio sulla rete e alla fine l’animale è stato liberato perché è stato acquistato. Avevamo segnalato la cosa a tutti, ai verdi tra i primi: niente! Un bradipo in una bara di cartone! E’ una cosa illegale, ma non si può far niente…
Lo hanno dovuto acquistare Diana Lanciotti e gli amici del Parco Natura. Ed è stata Striscia la Notizia a riuscire a far liberare il bradipo. Edoardo Stoppa ha fatto un grande lavoro. Ma è mai possibile una cosa del genere?
BONANNI: Sarebbe del tutto normale che venissero denunciati alle autorità preposte, fatti come il bradipo in cattività o il pesciolino nel bicchiere, ma anche gli astici con le chele fermate da elastici (li legano per evitare le lotte tra maschi nelle vasche dei ristoranti, ma poi l’astice con le chele mangia, così dunque muore di fame), i bufalotti seppelliti vivi perché non danno latte ma anzi ne consumano, i cani da tartufo resi sordi con una colata di cera bollente perché il loro fiuto non venga “distratto” dai rumori, i cardellini accecati perché cantano meglio e altre trovate di questo tipo che fanno tutte insieme la fiera dell’assurdo e della bestialità umana.
RICCI: Ma esiste una legge…o no?
BONANNI: Esiste una legge. Nessuno denuncia. Ma non per omertà. Il fatto è che i ministeri di Interno e Giustizia di solito emettono delle direttive perché tra le centinaia di reati si dia priorità a uno o all’altro. E al reato di maltrattamento e abbandono, o uccisione di animali non tocca mai. Basterebbe una direttiva in tal senso per far sì che si tenga conto delle denunce di chi ha visto lanciare un cane dal finestrino di un’auto in corsa, o, come è capitato a me, un immigrato ubriaco lanciare sampietrini contro un povero randagio che stava finendo sotto una macchina per evitarli. Ho redarguito quel signore, evidentemente fuori di sé, quindi pericoloso per tutti i passanti, e quello mi ha minacciato con la mano in tasca, mostrando una lama rivelatasi poi un paio di forbici di 16 centimetri. L’ho fatto arrestare dai carabinieri, che sono stati da lui selvaggiamente picchiati. Hanno dovuto chiamare il 118 e ha avuto due iniezioni di tranquillanti prima di essere ammanettato. L’ho denunciato in caserma: io insistevo sul reato di maltrattamento e il maresciallo replicava piccato che sarebbe stata la prima accusa a cadere in tribunale. Così è stato. Alla fine la colpa è stata attribuita a me e al randagio. Cadute persino le accuse di lesioni ai carabinieri, la minaccia a mano armata a me, i precedenti per rapina e resistenza e un foglio di via a cui non aveva ottemperato. Figurarsi chi se ne frega che maltrattava gli animali….Ma questo i giornali locali l’hanno scritto eccome: passante denuncia immigrato che maltrattava un cane, hanno titolato. Solo che la condanna mite c’è stata il giorno dopo, e non l’ha scritta nessuno.
RICCI: Una cosa va detta. L’unico giornale che ha preso seriamente il problema dell’orrore di quello che accade – principalmente nel Sud – è La Padania. Io, come lei immagina, appartengo a un’altra parrocchia.
E sono anche un romano ladrone. Sono di sinistra (ammesso che questo termine significhi ancora qualcosa), però lo devo dire: i giornalisti de La Padania hanno ripetutamente riportato questi indicibili orrori. Altro che pesciolino rosso. Va riconosciuto a Stefania Piazzo di aver denunciato continuamente questa immonda vergogna. E anche Angela Luongo ha scritto degli articoli notevoli. E io mi inchino davanti alla loro battaglia. E se sono leghisti me ne frega assai poco. Il Buddha diceva: se la freccia centra il bersaglio poco importa se sia rossa o nera.
BONANNI: Perfettamente d’accordo. Però la Padania è un organo di partito o giù di lì. E se tanto mi dà tanto – per carità, non suoni affatto come un giudizio sulla Piazzo, che ha tutta la mia stima – quanto afferma per inchiesta dovrebbe avere uno sbocco in Parlamento. Uno sbocco diretto, parliamo di partiti di governo.
RICCI: Mi sembra logico, ma non è così…va detto anche che Striscia la Notizia con Edoardo Stoppa stanno facendo un grande lavoro. Penso che la nostra campagna internazionale qualcosa sia riuscita a smuovere…
BONANNI: Sì, tutto serve. Anche Licia Colò, anche Enrica Bonaccorti, Costanzo, persino Mondaini e Vianello, quando parlavano dei loro cani e aiutavano qualche altro. Innanzitutto bisogna far capire che questa presunta “diversità” che viene avvertita come un pericolo e un’invasione, esattamente come quella dei Rom, degli albanesi e degli orsi in Sicilia, può essere capita e condivisa, e può addirittura nascerne un vantaggio, come dalle altre che ho qui citato, se è lecito.
RICCI: E va detta un’altra cosa: va riconosciuto alla Martini di aver fatto molto per gli animali.
Cosa che gli altri politici assolutamente non hanno fatto e non fanno. Se uno mette insieme i politici attenti al problema della sofferenza del non umano, oltre alla Martini, li contiamo con le dita due mani: PD : Andrea Sarubbi, Luciana Redoto, Rodolfo Viola, Francesco Laratta; PDL: Gabriella Giammanco, Fiorella Ceccacci Rubino, Barbara Mannucci, Gianni Mancuso …questi hanno votato a favore della Proposta di Legge 1467. Da quello che mi risulta ce ne sono pochi altri…. ma forse sbaglio…
BONANNI: La politica serve a mettere insieme voti, in Italia. Diciamo che però anche se sono in pochi, nel gran mare di politici che sgomitano per farsi individuare in televisione, chi parla di animali è immediatamente visibile. Francesca Martini è una vera animalista in senso buono e intelligente, e non lo fa per visibilità. Ma tanti altri potrebbero farlo, sono poco furbi sennò.
RICCI: I politici sono quelli che sono. Sono mostruosamente chiusi verso la sofferenza animale.
Se dovessi definire il rapporto del mondo politico con la sofferenza del non umano (ci metto anche le piante) direi che la sinistra fa pietà. Il centro schifo. E la destra fa vomitare. Legga il Dossier sulla caccia e capirà.
http://www.lasaggezzadichirone.org/site/wp-content/uploads/2009/06/lasaggezzadichirone-dossiercaccia.pdf
Quello che mi ferisce è l’assoluta indifferenza della sinistra. Mi ricordo che anni fa lessi un articolo di
Francesco Merlo – non ricordo neanche l’anno – che spiegava che Manzella, Ruffolo, Manisco e Carniti si erano battuti contro la direttiva europea per l’abolizione delle gabbie per le galline. Riesce ad immaginare una cosa più oscena? Altro che il pesciolino di Roggiolani. Quei signori si dimostrarono crudeli e incivili malgrado i loro editoriali raffinatissimi. Non pensa?
BONANNI: Di fronte ai piaceri (per quelli come loro) della tavola, evidentemente, cade qualsiasi buona ragione per far funzionare il cervello. Suggerisco anche agli editorialisti dalla fine penna un dossier di qualche anno fa del mensile di Slow Food sui macelli: forse non volevano ottenere proprio questo effetto, ma io sono diventata vegetariana proprio dopo averlo letto e visto. Dentro il dolore bisogna entrare. Altrimenti si fa salotto.
RICCI: Va detta una cosa: qualcosa i quotidiani scrivono riguardo gli animali. Alessio Balbi ha scritto un articolo correlato da foto incantevoli, sull’impatto ambientale degli animali domestici. Ha riportato le tesi di due ricercatori inglesi che spiegano che se eliminassimo tutti gli animali domestici – che sono antiecologi -forse potremmo aiutare il pianeta. Non siamo noi che stiamo distruggendo la Terra ma i cani e i gatti che consumano troppo: un pastore tedesco consuma quanto un SUV… vede che siamo ingiusti? qualcosa i giornali scrivono…
BONANNI: Succosa notizia, che un cane inquina quanto un Suv. Può farci su un titolo anche chi non ne è capace….
RICCI: Certo poi lo dovrebbero spiegare ai possessori dei cani e dei gatti considerando che in questo paese ci sono nelle case 9,4 milioni di gatti e 7,6 milioni di cani….
BONANNI: Uno dei motivi per i quali i quotidiani hanno perso lettori, è che non sanno chi sono i loro lettori. Non sanno contro chi stanno scrivendo tirando fuori senza minimamente controbattere cazzate come questa del Suv…
RICCI: Riguardo all’impatto animale simile ai SUV, Safran Foer che ha scritto un libro – che suggerisco di leggere – ” Se niente importa perché mangiamo animali?” nel libro ha scritto: “L’impatto degli allevamenti animali (per l’alimentazione umana) è superiore del 40 per cento rispetto a tutti i trasporti del mondo combinati. E’ la causa principale del cambiamento del clima.” Questo i baldi giornalisti non lo dicono…
BONANNI: Il mondo non è vegetariano perché non è mai entrato in un macello. Se gli occhi potessero appuntarsi su ciò che avviene in quei luoghi e le orecchie potessero sentire i suoni, allora si rifletterebbe di più su ciò che mangiando, si fa proprio. E’ strano, sa, perché prendere atto di fatti visti e sentiti è proprio il compito primario del giornalismo. Almeno secondo i libri sui quali abbiamo studiato.
RICCI: Lei mi disse quando ci incontrammo a Roma che i giornali ormai contano poco. E che la rete è dominante. Questo me lo ha detto anche un amico animalista che conduce grandi battaglie con il suo blog.
Ma quando si parla di media si intende anche la televisione (magistralmente utilizzata da Papi) dal momento che se si analizzano le fonti di informazioni gli italiani utilizzano all’ 87% la televisione, al 18,9% Sky, al 41% la Radio, al 24% internet, al 30,8 % i quotidiani, al 6,4% i settimanali. Dire che tutto si risolve con la rete non mi pare corretto. Le faccio un esempio se io potessi raggiungere i proprietari dei cani e dei gatti e li potessi informare delle mostruosità che accadono nel nostro paese – mostrando le foto del sito –
forse il 70% se ne fregherebbe ma un buon 30% reagirebbe. Eccome se lo farebbe. Il problema è come raggiungerli. Secondo Lei sbaglio?
BONANNI: A parte i dati, penso come ho già detto che nel dolore bisogna entrarci. Sapendo che poi è un viaggio senza ritorno. E che la notte non si dorme più. Mi permetta questa volta di citare una cosa che è stato lei a dirmi: le animaliste non sono pazze, come tutti credono: sono solo persone che hanno visto troppi orrori. A quel punto, quando dalla realtà e dalla concretezza dell’operatività si fa strada il sentimento della pietà, “scadiamo” in un campo dove non c’è salvezza e non c’è aiuto. Nessuno è più disposto a mettersi sul piano del ragionamento. E allora gli animali, pur esseri senzienti, ridiventano quello che erano nel Basso Medioevo, gli ultimi nella scala delle cose che contano nella vita di un uomo. Sa che c’è un assessore a Napoli che dovrebbe occuparsi dei fondi ai canili convenzionati, e che quando qualcuno va a fargli presente il problema (non si tratta di sovrastrutture, ma del cibo quotidiano per i “cani del sindaco”, che sono tali per legge e non per nostro capriccio) risponde “ehhh….tu pienze ‘e cane…” (con tutti i problemi che abbiamo vi preoccupate dei cani?). Una vera chicca per leghisti…no?
RICCI: Gli unici giornalisti che hanno risposto con gentilezza alle mie lettere sono stati Augias e Scalfari.
Scalfari abbondantemente, Augias con poche parole, però in un’occasione è anche intervenuto.
Anche Vito Mancuso ha risposto. Più un sospiro che una risposta. Ma da un cattolico ce lo aspettiamo.
Con le dovute eccezioni – lo ripeto: le dovute eccezioni – se ne fottono dei cani i santi uomini.
A Modica i santi padri invitarono al massacro dei randagi. Loro pensano agli angeli e alla preghiera, io preferisco l’inferno al loro paradiso pieno di angeli ermafroditi e privo di animali. Detto questo mi verrebbe voglia di chiedere a Scalfari: “Caro Scalfari, quando dice: “I giornali non sono partiti ma sentinelle a guardia del pubblico interesse, che dovrebbero rimandarsi l’un l’altro la parola d’ordine e la risposta: “All’erta sentinella” “All’erta all’erta sto” dove sono le sentinelle per i milioni di persone che rispettano il non umano? Dove sono queste fottute sentinelle? Siamo milioni e ci ignorate per miserabili calcoli politici. Sapete quanti siamo? Lo sapete? Non è così?
BONANNI: Temo che non ci sia contezza sufficiente di quanti realmente sono gli interessati al problema. Il fatto è che più la gente abbandona cani e gatti perché non sterilizza i propri o perché se ne disfa, più sono costretti a intervenire quelli che hanno invece il rispetto per la vita, animale e non. Si crea insomma una fortissima ingiustizia sociale, una enorme ineguaglianza, perché ad esempio io non solo raccolgo cani e gatti abbandonati, ma sostengo anche rifugi, stalli e canili, spendo soldi in veterinario, farmaci ed energia elettrica e telefono per inoltrare appelli per le adozioni. Come me, tanti altri. A fronte di questo, la mia vicina che ha il cane ammalato di leishmaniosi ma dice di non avere i soldi per curarlo, dà la priorità all’acquisto di vestiti. Io sono sempre più povera e malvestita, ma almeno il cane migliora…Ma mi domando: è giusto che una malattia endemica come la leishmaniosi deve essere curata con chemioterapici che costano 147 euro al flacone? E chi non li ha, come cavolo fa a curare il proprio cane? Su questo il sottosegretario Martini dovrebbe davvero intervenire. Invece una sera accesi la tv per caso: c’era Vespa a Porta a Porta che parlava con lei e con altri di tagliare o no la coda al cane. Spensi subito. Sbagliando, perché poi si dissero anche cose interessanti. Come vede, il problema animali è nuovo, per i media, e ancora brancolano su come affrontarlo. Anche qui prevalse in quel momento il fatto estetico, modaiolo. Con i problemi che abbiamo, la coda tagliata o no al cane da caccia mi sembra davvero il caviale a chi muore di fame.
RICCI: Lo vidi anch’io Porta a Porta e c’era il sindaco di Modica, il sublime sindaco “scendo il cane e lo sparo” un’eccelsa presenza…e c’era Sgarbi che non manca mai, è eternamente presente, come il cacio sui maccheroni. Che cavolo ci faceva Sgarbi lì, non capisco. E c’era anche il cacciatore dipietrista. Non ricordo il nome con il suo bel cane (lo sa che l’IdV è un partito ad altissima densità venatoria?) E c’era Rex, il cane lupo adorato da un popolo che abbandona 45.000 cani e 90.000 gatti all’anno. Però, appena il verde Bonelli ha tentato di dire un paio di cose su canili – lager e la norma infame: “dai – i – fucili – ai – baby – e – ammazza – tutto – quello – che – si – muove – ovunque – 24- ore – su – 24 –” Vespa ha fatto calare il sipario. Sono scese le vellutate cortine. Però dopotutto qualcosa si muove. Sono segni positivi. Non crede?
BONANNI: Senza dubbio. Ma non tutto ciò di cui si parla viene affrontato dal lato giusto. In Italia in questo momento ci sono troppi salotti e pochi luoghi dove ci si confronta seriamente. I vertici dei giornali non ci pensano molto, ma forse è proprio perché anche lì si partecipa al salotto, che i lettori vanno via in diaspora.
RICCI: Vorrei chiedere a Scalfari quello che ho chiesto a Vito Mancuso. “Caro Scalfari, l’imperativo categorico, l’impulso interiore al bene, è qualcosa limitato alla nostra specie o possiamo estenderlo anche ad altri viventi? Secondo lei cosa risponderebbe Scalfari?
BONANNI: Io rispetto chi non ha in casa animali. Ma penso che abbia il dovere di ascoltare le ragioni degli altri. Eugenio Scalfari ha sempre avuto buona disposizione a farlo. Ma credo che la sua generazione darebbe la priorità all’uomo. Mio padre era un medico, e vedeva noi bambini e mia madre legatissimi agli animali. Ci richiamava spesso all’ordine, citando malattie e mettendo al primo posto l’ordine e la pulizia della casa (dove peraltro faceva anche ambulatorio tutti i giorni). Ma una volta vedendomi in lacrime fece il massaggio cardiaco a un mio gattino che aveva avuto una crisi. Mi sembrò Dio che resuscitava un morto. Se facciamo uno sforzo, chi la pensa diversamente da noi potrà apprezzarci e magari potremo anche cambiarci in meglio a vicenda.
RICCI: Lei ha seguito con attenzione il dibattito sulla tratta; c’è chi nega e chi conferma. Lei è un donna del Sud e conosce quello che si dice in giro. Questa storia degli animali venduti nelle terre del Nord per la vivisezione è un storia vera o è un’infamia? Cosa pensa?
BONANNI: Che tutto è troppo frammentario per avere un’idea unitaria e dare un nome preciso a ciò che accade. Ma se fossimo meno divisi e presi da quella che chiamo “nursery” (l’assistenza battente a ogni cane e gatto che troviamo incidentato o abbandonato, badi bene assistenza che è dovuta, di cui non si può fare a meno) potremmo farci magari meno domande e darci risposte più precise. Ad esempio: tante associazioni straniere, europee e non, dimostrano di ricevere contributi dai paesi d’origine per le loro attività in terra italiana. Non c’è nessuno che può spiegare a noi italiani perché per dirne una gli Stati Uniti dovrebbero fornire fondi per aiutare i nostri randagi? Potremmo anche ricevere una risposta rassicurante, una conferma sulla civiltà degli altri paesi del mondo. Ma qualcuno dovrebbe darcela, questa risposta, prima. E poi c’è un’altra cosa che penso: i diritti degli animali sono ben precisi, ma lasciano, così come sono concepiti nelle carte internazionali, troppo spazio all’interpretazione individuale. Mi spiego meglio: una volta mi sono occupata del caso di un proprietario di cane che aveva in giardino una gabbia dove rinchiudere il suo cane ogni tanto. Mi sono rivolta alle autorità preposte, ma nessuno sapeva dirmi se era legale o no che il cane venisse rinchiuso lì dentro. Questo per dire che se trovo uno che spara a un pastore tedesco una fucilata in faccia, se sono così “fortunata” da esserne testimone con almeno un’altra persona, posso cercare di trascinarlo in tribunale. Se accade in Italia è un po’ più difficile veder punito un reato come questo con una pena congrua. Ma se ho un vicino di casa che secondo le mie convinzioni maltratta il suo cane sotto i miei occhi, tutto diventa molto, molto più difficile. Come potrei spiegarlo ai miei lettori, se non c’è una oggettività alla quale riferirsi, sul fatto che quello è o non è un maltrattamento punito per legge?
RICCI: Concludendo: se io le dicessi che il dramma degli animali dipende da una serie di cose come:
Il silenzio odioso dei media.
La quasi assoluta e rivoltante disattenzione della classe politica
Il settarismo e l’atomizzazione suicida dell’animalismo
La burocratizzazione paralizzante delle associazioni
L’ignoranza del popolo determinata anche dalla tremenda colpa della religione verso il non umano…
ci siamo?
BONANNI: Aggiungerei una cosa soltanto: un meccanismo di rimozione che fa davvero invidia. Quando lei mi disse che gli animalisti impazzivano davvero perché assistevano a cose indicibili, mi fece molto riflettere. Chi non riesce a rimuovere ciò che sente e vede che viene fatto agli animali, forse dopo un periodo di imperiosa battaglia alternata a una lamentazione di impotenza, a un pianto dirotto e a notti insonni, soccombe alla follia.
RICCI: Per me il monoteismo ha colpe immense. Anche l’Islam verso gli animali è mostruoso. Mi faccia concludere con una storia raccapricciante. Il figlio di Bin Laden, Omar, abbandonando il padre, ha spiegato le sue ragioni in un libro “Growing up with Bin Laden”. Una delle cause dell’abbandono era questa: Omar aveva dei cuccioli che venivano torturati dai Jihadisti. Li torturavano facendoli morire nel campo di Kandahar utilizzando sostanze chimiche adoperate per le armi biologiche. I Jihadisti godevano nel vedere i cuccioli morire atrocemente e lentamente. Era una gioia per loro, come vedere una partita di calcio. Omar aveva 17 anni e inorridì per questo. Sa una cosa Marilda? Sono contento di essere ateo. Una volta ero agnostico, ora sono ateo. E fiero di esserlo. Lei che pensa?
BONANNI: Ma no, io penso a san Francesco, invece. Non so bene che cosa sono, non mi sono posta ancora (quasi cinquantenne!) il problema. So però che quando sono con il mio cane, con i miei gatti, quando ne salvo uno, quando ne affido un altro, e ora che il cane di un mio vicino sta meglio con la leishmania perché con sacrifici lo sto curando io, guardo il cielo e gli consegno un grazie. Mi viene spontaneo. Così, forse anche senza un destinatario preciso. Mi lasci questi momenti costruttivi di benessere, rispetto a tante cose di fronte alle quali siamo costretti ad arrenderci.
RICCI: San Francesco? Una mosca bianca! Una presenza infinitesimale nell’apparato teologico.
I momenti di benessere glieli lascio volentieri! Anche io quando avevo la fede stavo meglio, ma la verità è un’altra cosa. La verità è dura. E’ spietata. Grazie Bonanni!